martedì 27 gennaio 2015

A proposito di Very Bello...

Terza pagina Verybello.it: l’Italia dell’Expo è un puzzle incompleto Verybello.it: l’Italia dell’Expo è un puzzle incompleto Terza pagina di Manlio Lilli | 26 gennaio 2015 Commenti Più informazioni su: Dario Franceschini, Diritto d'autore, Expo 2015, Maurizio Martina, Ministero dei Beni Culturali, Siti Web, Turismo Manlio Lilli Archeologo Post | Articoli “Expo è l’occasione per diffondere l’offerta turistica del Paese, lavorando sull’idea del museo diffuso che rappresenta la forza dell’Italia. Dobbiamo mostrare il Paese delle cento città, dei borghi, delle tradizioni, della storia, dei siti archeologici e della bellezza naturale”. Ad affermarlo il nostro ministro per i Beni e le Attività culturali, Dario Franceschini, presentando il nuovo portale al quale sarà affidato il compito di veicolare l’immagine del Paese nel corso dell’Expo milanese. Un contenitore di eventi e luoghi che dovrà amplificare quello straordinario patrimonio culturale tante volte ricordato, disseminato da Nord a Sud. Verybello.it, questo il nome del sito, il riferimento imprescindibile per chi, soprattutto straniero, deciderà che l’esposizione milanese dovrà essere solo una delle tappe del viaggio in Italia. 1300 eventi suddivisi in dodici categorie, come hanno spiegato, accanto a Franceschini, il ministro per le Politiche agricole Maurizio Martina, il sottosegretario ai Beni Culturali, Ilaria Borletti Buitoni e il commissario di governo per l’esposizione milanese, Giuseppe Sala. A sentire e poi a leggere le dichiarazioni, Verybello, come sostegno all’Expo, si appresta a diventare lo strumento capace di dare l’avvio ad una nuova era. Non solo per i nostri mal messi Beni Culturali, ma per il Paese intero. “Un’occasione preziosa anche per far avvicinare gli stessi italiani al loro patrimonio”, per Franceschini. “Una svolta clamorosa, il tassello che mancava”, a detta di Sala. Un’euforia incontrollata che non sembra fare i conti con la realtà. Non sembra aver tenuto in considerazione la complessità esistente. “L’Italia cambia da un chilometro all’altro, non solo nei paesaggi, ma nella qualità degli animi; è un miscuglio di gusti, di usanze, di abitudini, tradizioni, lingue, eredità razziali”, scriveva Piovene nel suo celebre Viaggio in Italia, il libro del 1957, nato dal reportage pensato per la Rai, alcuni anni prima. Franceschini sembra essersi ispirato a quel Viaggio. Sfortunatamente la considerazione iniziale non sembra aver prodotto un ragionamento adeguato. Insomma l’esplicitata consapevolezza dell’Italia come “Museo diffuso” è rimasta un’idea. Non supportata da alcun tentativo di proiettare quell’idea, peraltro reale, nel portale online. Perché è vero che tra gli eventi in cartellone si spazia dalla musica al teatro, dall’archeologia al costume, coprendo ogni settore di possibile interesse turistico, spostandosi da una regione all’altra, indubitabilmente concentrandosi su luoghi generalmente non raggiunti dai grandi flussi turistici, ma questa operazione ha il demerito di fermarsi alle intenzioni. In ogni caso non di compiersi per intero. Mancando quel coinvolgimento con il territorio contermine che avrebbe assicurato davvero quella capillarità tanto auspicata. Venendo meno quella contestualizzazione che fa realmente “Museo diffuso”. Esemplificativo il caso delle Mostre. Così per “Immaginando città. Racconti di fondazioni mitiche, forma e funzioni delle città campane”, al Museo Archeologico di Santa Maria Capua Vetere e al Museo Archeologico Nazionale di Paestum dal 1 dicembre 2014 al 30 giugno 2015, manca qualsiasi riferimento al molto che è possibile vedere in loco. Lo stesso avviene per “All’alba della storia. Genti antiche dal Territorio cividalese” al Museo archeologico nazionale di Cividale dal 14 ottobre 2014 al 25 maggio 2015. Certo, è probabile che chi deciderà di andare a visitare quelle mostre si documenti e voglia provare a vedere aree archeologiche, musei e spazi culturali che sono nei dintorni. Ma il problema è proprio questo. Il Museo diffuso dovrebbe poter guidare i turisti. Agevolargli il compito. Offrirgli tutte le possibilità. Solo in questa maniera l’Expo, del quale è strumento imprescindibile il sito Verybello, avrebbe avuto la possibilità di essere un evento nazionale. In grado di coinvolgere tutti i territori. Il Palazzo Italia e il Cardo, che costituiscono il Padiglione Italia progettato dallo studio Nemesi & Partners in collaborazione con Proger/Bms, all’interno dell’Expo di Milano esprimono due concetti chiari. Rispettivamente, la piazza e il borgo lineare con le architetture lungo una strada. Due concetti che ben rappresentano l’Italia. A differenza di quanto sembra poter fare Verybello. Un contenitore di eventi, diligentemente ordinato per categorie. “Un catalogo straordinario delle offerte di tutta la Penisola”, per Borletti Buitoni. Ma, sfortunatamente, privo delle informazioni necessarie a restituire la complessità italiana dei Beni Culturali. Malauguratamente costruito su eventi che non divengono quasi mai pretesto per viaggiare, visitare e conoscere. Pochi dubbi esistono sulla promozione del sito. Ai 5 milioni di euro già trovati se ne dovranno aggiungere degli altri. Ma alla fine è più che probabile che l’operazione si farà. Minori certezze riguardano i benefici che questa dispendiosa impresa porterà, nel medio e lungo periodo, ai nostri territori innervati da frammenti di Storia, Arte e Archeologia. Ma forse l’importante è solo vendere più biglietti per l’Expo e non dare una chance a parti del Paese che in tempi recenti non l’hanno avuta. Incrementare gli 8 milioni di tagliandi, dei quali 5 all’estero, ricordati da Sala. Piuttosto che rivitalizzare, anche con l’indotto turistico, angoli del Paese, sostanzialmente ignoti. Per questo può bastare un cartellone di eventi. Insomma Verybello.

venerdì 23 gennaio 2015

L'arte sui giornali. La rassegna stampa di oggi

L'arte sui giornali. La rassegna stampa di oggi

Recuperato un Andrea del Sarto trafugato

Il San Sebastiano originale firmato da Andrea del Sarto L‘esperto Claudio Strinati ha certificato l’autenticità della tela sequestrata a Gaggiolo. L’esame ai raggi X ha rivelato che sotto c’è un’opera che raffigura Sant’Agnese La firma, il sigillo di casa Medici con la ceralacca, lo stile manierista e i colori ben conservati. È un quadro di Andrea del Sarto originale, la tela sequestrata lo scorso settembre, alla dogana di Gaggiolo (Varese), dalla Guardia di Finanza: era all’interno un furgone guidato da un autotrasportatore lituano di 35 anni che stava entrando in Italia. L’uomo ha affermato di non avere nulla da dichiarare, ma in realtà, nel vano container, aveva una copia stupenda del San Sebastiano con le frecce del martirio del pittore (nato e morto a Firenze tra il 1486 e il 1530), databile probabilmente negli ultimi due anni di vita. Uno di quei quadri che, da anni, sono al centro di un giallo storico e investigativo. In giro ve ne sono diverse copie (vere e false), ma qual è l’originale più antico? Il tesoro perduto del Rinascimento è quasi certamente quello sequestrato a Gaggiolo. Quando fu trovato, gli investigatori notarono che si trattava di una copia «luminosa»: così perfetta, da sembrare vera. Un’opera dipinta dalla mano del maestro. Ora che il Nucleo tutela patrimonio della Guardia di Finanza, a Roma, lo ha fatto analizzare, il responso è arrivato: è autentico. È stato certificato dal critico d’arte Claudio Strinati, massimo esperto del pittore fiorentino. Non solo. Sarebbe la più antica di queste tele raffiguranti San Sebastiano, finora conosciute. I particolari su come si sia arrivati a questa convinzione scientifica e artistica saranno chiariti oggi, in una conferenza stampa al museo del Vittoriano a Roma, dove sarà esposto poiché è stato dichiarato un bene dello Stato italiano. Ma intanto si può anticipare che, da un esame ai raggi X, è emerso come anche sotto il San Sebastiano esista un’altra opera, poi coperta, una Sant’Agnese nella raffigurazione classica con il capretto. Andrea del Sarto autografò varie copie, come si usava all’epoca nelle botteghe d’arte. I quadri erano destinati alla Compagnia Fiorentina dedicata al santo (detta anche del Freccione) di cui entrò a far parte nel 1529. Un’altra tela di San Sebastiano di Del Sarto è stata ritrovata dalla Guardia di Finanza di Benevento nel 2011 ed è stata riconosciuta come autentica. A quanto si sa, una copia si trovava sull’altare maggiore della cappella della Compagnia a Firenze, ma già nel 700 finì nelle disponibilità di un privato. Qualche mese fa il pm Annalisa Palomba della Procura di Varese aveva chiesto il sequestro del quadro, che è stato poi affidato al nucleo speciale di Roma delle Fiamme Gialle. È un altro colpo della Guardia di Finanza in tema di recuperi artistici. La frontiera tra Italia e Svizzera è continuo passaggio di opere clandestine e i finanzieri, spesso, tra Gaggiolo e Chiasso, con grande intuito, individuano opere trafugate. Il primo indizio che potesse trattarsi di una tela originale lo avevano colto proprio i finanzieri, notando l’antico giglio fiorentino sul retro della tela. Vi era però della vernice umida sulla mano destra del santo, forse un maldestro restauro. Un intrigo artistico lungo due secoli. E ora risolto. 23 gennaio 2015 http://ow.ly/i/8mygH

martedì 20 gennaio 2015

Antiquariato e arte: rassegna stampa

L'arte sui giornali. La rassegna stampa di oggi 25 milioni per la Storia dell'arte nelle scuole Nel 2014 l’insegnamento della Storia dell’arte è tornato nei programmi degli istituti scolastici italiani, ma la nuova organizzazione è ancora in fieri: il Miur prevede di destinare 25 milioni alla copertura delle nuove cattedre, ma solo a partire dal 2016. [Il Messaggero] Bronzino a peso d’oro Valutazione record per il «Ritratto di un giovane uomo con un libro» del Bronzino, all’asta da Christie’s a New York il prossimo 28 gennaio: verrà proposto con una stima fra gli 8 e i 12 milioni di dollari. [Corriere della sera] Quel museo è un gioiello Palazzo della Ragione a Vicenza ospita un nuovissimo Museo del gioiello, curato e diretto da Alba Cappellieri, docente di design del gioiello al Politecnico di Milano. Le sue nove sale documentano la storia dell’arte orafa, con 400 pezzi provenienti tutti da collezioni private. [Corriere della sera] Il Comune di Torino pronto a modificare gli orari di apertura dei musei L’assessore alla cultura Braccialarghe presenta ai direttori dei musei di Torino una proposta sperimentale per il 2015: una banca ore al posto degli straordinari e il superamento del giorno di chiusura fisso (per i musei civici torinesi si tratta del lunedì). [La Repubblica] Non sempre è ironia La doppia pagina centrale di «Le Monde» ospita un’inchiesta di Franck Nouch che s'interroga sul confine tra la libertà di espressione e l’irresponsabilità degli artisti che scelgono di toccare argomenti delicati, come le differenze di religione. [Le Monde] di Francesco Martinello, edizione online, 20 gennaio 2015

venerdì 16 gennaio 2015

Rassegna stampa antiquariato e arte

L'arte sui giornali. La rassegna stampa di oggi Nuova retromarcia per Venaria Ennesima retromarcia sul bando per la direzione della Reggia di Venaria: il governo si oppone alla pubblica gara e impone la designazione di Turetta. La Regione Piemonte si arrende, non è ancora chiaro se Turetta sarà o meno affiancato da Vanelli per un anno. [La Stampa, La Repubblica] Allerta al Colosseo, possibile obiettivo dell’Isis Dopo che su internet sono circolate diverse minacce nei confronti della città di Roma da parte dell’Isis ieri il prefetto Giuseppe Pecoraro ha chiesto di avere 500 uomini in più per proteggere gli obiettivi a rischio, in primis il Colosseo. [Corriere della sera] La nuova casa di «Le Monde» Dopo aver scartato progetti di archistar ben più note, tra le quali Shigeru Ban e David Chipperfield, il gruppo editoriale di «Le Monde» ha scelto la proposta dello studio d'architettura norvegese Snøhetta per realizzare la sua nuova sede a un passo dalla stazione d’Austerlitz a Parigi. [Le Monde] Un successo per il mercato francese Tre importanti collezionisti hanno scelto la sede parigina di Sotheby’s per mettere all’asta le proprie raccolte. Si tratta dei duchi di Mortemart (vendita l’11 febbraio), della famiglia Dillée (18 marzo) e di Luis Grandchamp des Raux (28 marzo). [Figaro 15-1] José Miguel Cortés guida il «transito» dell’Ivam Dopo la disgraziata gestione di Consuelo Ciscar, che aveva gonfiato le cifre degli ingressi, José Miguel Cortés, il nuovo direttore dell’Instituto Valenciano de Arte Moderno, prova a risollevarne le sorti con una mostra significativamente intitolata «En tránsito», che raccoglie il meglio della collezione del museo. [El País 15-1] di Francesco Martinello, edizione online, 16 gennaio 2015

lunedì 12 gennaio 2015

Arte e consumo di massa

Arte e consumo di massa

Arte e totalitarismo

Arte e totalitarismo

Arte di Guttuso

Londra riscopre il «realismo popolare» di Guttuso di Nicol Degli Innocenti9 genna io 2015 LONDRA - Londra sta per riscoprire il “realismo popolare” di Renato Guttuso: la prima mostra dopo vent'anni dedicata al grande pittore siciliano apre la settimana prossima alla Estorick Collection. Il titolo “Painter of modern life” sottolinea il ruolo chiave che Guttuso ha giocato descrivendo e interpretando nei suoi quadri i cambiamenti della vita sociale e politica italiana per oltre quarant'anni. La forza espressiva del suo stile realista ha descritto l'angoscia di una generazione. Ribellatosi all'arte gradita al regime fascista, Guttuso aveva respinto sia il neoclassicismo imperante sia l'astrattismo. Ha scelto di essere sempre un pittore realista: la sua incrollabile convinzione era che l'arte debba essere “utile”, accessibile e vera. Nato in Sicilia nel 1911, vissuto a Roma dove è morto nel 1987, Guttuso ha letteralmente attraversato il Ventesimo secolo interpretando in pittura le sue traversie e conquistando un ruolo dominante negli anni del dopoguerra. Ha aderito per brevi periodi a diversi movimenti, dalla Scuola Romana alla Corrente al Fronte Nuovo delle Arti, ma è rimasto sempre un artista individualista. L'affiliazione più duratura della sua vita è stata al partito Comunista, al quale si era iscritto nel 1940 restandone membro fino alla morte, e diventando anche senatore. La mostra alla Estorick sintetizza mirabilmente l'opera di Guttuso, scegliendo quadri rappresentativi delle diverse fasi della sua lunga carriera. Natura morta con lampada, del 1940, sembra un'inoffensiva natura morta ma può essere interpretata come una critica del caos della guerra e della brutalità del regime fascista. Morte di un eroe, del 1953 o Eroina (partigiana assassinata), del 1954 , sono ideali politici in carne e ossa, o in pittura su tela. Comizio di quartiere, del 1975, rappresenta perfettamente quella fase di turbolenze politiche e manifestazioni di piazza di quegli anni in Italia. Pittore eclettico, Guttuso è stato conosciuto in Gran Bretagna nel 1954 grazie alle illustrazioni per il libro di cucina Italian Food di Elizabeth David, la prima scrittrice inglese a promuovere la cucina mediterranea con i suoi colori e i suoi sapori. In tutti i suoi quadri, dai nudi alle natura morte, dai paesaggi ai ritratti, Guttuso – rimasto profondamente siciliano - ha sempre usato i colori brillanti della sua terra. Basti guardare il suo quadro Cocomeri del 1986, un inno alla vita dipinto un anno prima di morire. La mostra alla Estorick è un perfetto antidoto al grigiore del gennaio londinese. Renato Guttuso: Painter of Modern Life 14 gennaio – 4 aprile 2015 Estorick Collection, Londra www.estorickcollection.com

sabato 10 gennaio 2015

Arte del disegno

Arte del disegno

Arte e la fine dei mecenati

Arte e la fine dei mecenati

Arte analogica e virtuale

Un museo è meglio di Google 03/02/2011 francesco bonami Aiuto! Aiuto! Nessuno andrà più nei musei!, potrebbe venir voglia di dire dopo aver sentito che Google metterà in rete più di mille immagini, tanto per cominciare, dei capolavori dell’arte esposti nei grandi musei del mondo ad altissima definizione. Viene da pensare a quando fu possibile cominciare a vedere i film a casa con il videoregistratore. Nessuno andrà più al cinema si disse. Ma non fu così. Quindi la gente continuerà ad andare nei musei? Sicuramente sì. Lo dice anzi proprio in una sua dichiarazione Nelson Mattos, capo della divisione di ricerca di Google Art Project, i capolavori in rete. Mates dice: «La prima volta in un grande museo ci sono stato quando studiavo all’estero: ricordo ancora l’emozione di gironzolare per quelle sale». Ecco, l’emozione di quel gironzolare, anche se il computer ci prova in tutti modi, non potrà mai essere sostituita dalla tecnologia. Così come le sensazioni di trovarsi in una sala buia in mezzo a tanta altra gente a condividere l’emozione del grande schermo cinematografico non sono mai state sostituite da nessun Vhs, dvd o film scaricato dal computer. Nessun sistema acustico super digitalizzato e perfetto potrà mai sostituire l’emozione di ascoltare un’opera a teatro. Così come, senza voler fare troppo i colti, nessuno schermo al plasma, per quanto grande sia, potrà sostituire l’emozione di essere allo stadio a tifare per la propria squadra o sulle gradinate di Wimbledon durante la finale tra Federer e Nadal. La tecnologia è fantastica e sicuramente cambia il nostro modo di guardare la realtà, ma tuttavia non riesce a mutare il modo in cui ci emozioniamo nella realtà. Perché l’emozione è anche una questione di scala. Possiamo ammirare le più belle fotografie del Grand Canyon o del Cervino, ma quando siamo lì la maestosità del paesaggio produce un’emozione irripetibile. Possiamo osservare ogni cretto, ogni pennellata, ogni piccola linea di un famoso dipinto, ma esserci fisicamente davanti è un’altra cosa. Davanti alla grandissima bellissima tela di Paolo Veronese «La cena in casa Levi» all’Accademia di Venezia, l’emozione è ben diversa che vederla sullo schermo di un computer, anche se magari lì si possono vedere dettagli che ad occhio nudo ci sfuggono. Vale la stessa cosa anche per opere piccole come le tele di Vermeer. In questo caso l’intimità dell’opera può essere goduta solo trovandosela davanti. I dettagli non sono di solito quello che gli artisti vogliono darci. L’artista, grande o piccolo che sia, vuole comunicarci nel modo più immediato possibile una sua emozione, un suo pensiero. E’ il romanzo nel suo insieme che ci appassiona, non le sue parole prese singolarmente, anche se poi un linguista potrà analizzarle una per una. Così per un quadro. Non è la singola pennellata, ma l’insieme delle sue pennellate che lo rendono forte, emozionante, bello o brutto a seconda dei gusti e delle intenzioni dell’autore. Google potrà farci entrare sotto il colore di un quadro anche attraverso le più piccole crepe, come quel film dove i personaggi, rimpiccioliti, viaggiavano dentro il corpo umano. Ma come loro non potevano esplorare pensieri e idee della persona dentro la quale stavano viaggiando, così anche noi non potremo mai avere attraverso l’immagine digitale quell’esperienza unica che solo «gironzolando» fra le sale di un museo potremo avere, consentendoci d’imbatterci in capolavori che pensavamo di stra-conoscere attraverso le loro riproduzioni, ma che una volta che ce li troviamo davanti in carne e ossa, come un famoso attore che incontriamo al bar, capiamo essere qualcosa, se non di completamente diverso, sicuramente di molto più profondo e unico, o forse magari ne rimarremo delusi aspettandoci invece quel qualcosa di più che la tecnologia, forse con troppo zelo, aveva svelato e che invece, nella mente dell’artista, doveva rimanere nascosto.

Arte al cinema

La grande arte al cinema Fra gennaio e giugno 2015, sette visite virtuali a musei e mostre 08/01/2015 Dall’8 gennaio 2015 presso Spazio Oberdan Milano, Fondazione Cineteca Italiana presenta La grande arte al cinema, rassegna dedicata ai più importanti musei del mondo e alle mostre più attese della stagione, raccontati dalla settima arte. Prenderanno vita al cinema, fra gennaio e giugno 2015, sette visite esclusive: L’Hermitage di San Pietroburgo, i Musei Vaticani in 3D, Matisse, Vermeer, Rembrandt, Van Gogh e gli Impressionisti. Una serie di appuntamenti dedicati alla grande arte al cinema, l’iniziativa che da due stagioni ha portato decine di capolavori della storia dell’arte e degli straordinari luoghi che le ospitano in più di 1.000 sale cinematografiche di tutto il mondo, riscuotendo un incredibile successo. Si tratta di film realizzati da grandi produzioni internazionali che, grazie anche alla tecnologia digitale, conducono gli spettatori alla scoperta di artisti, dipinti e spazi museali d’eccezione, permettendogli di osservare quadri e sculture nel dettaglio, guidati da esperti assolutamente fuori dal comune. Osservare quadri e sculture nel dettaglio, ascoltare il racconto degli organizzatori, entrare nelle segrete stanze e negli spazi in genere inaccessibili che hanno visto la mostra prendere forma: un’occasione unica per tutti gli appassionati d’arte, di viaggi e di cultura alla scoperta di storie che segnano il nostro modo di essere e di vivere.

martedì 6 gennaio 2015

Investire in arte e antiquariato

Arte, crescono gli investimenti dei mecenati. Ma i quadri restano in salotto Secondo una ricerca dell'Associazione italiana private banking, le famiglie benestanti in Italia investono in opere d'arte. Quasi la metà dei campioni intervistati ne possiede una. Ma mancano i progetti culturali per valorizzarle di Manlio Lilli | 6 gennaio 2015 Agli inizi di dicembre “Una veduta di Roma dall’Aventino” di William Turner, il quadro considerato la più importante veduta della Città Eterna, è stato venduto da Sotheby’s, a Londra, per 30 milioni e 300 sterline. Appena un mese prima “Tete” di Amedeo Modigliani in asta a New York, ha raggiunto gli oltre 70 milioni di dollari. Mentre solo pochi giorni dopo “Flag”, una piccola bandiera a stelle e strisce dipinta da Jasper Johns, è stata venduta a 36 milioni di dollari. Cifre da record. Ma anche paradigmi di un modo tipico del passato di investire grandi somme ed esempi di un fenomeno in espansione. Anche in Italia. Secondo una recente ricerca dell’Associazione italiana private banking, i Paperon de’ Paperoni di casa nostra investono in opere d’arte. Quasi la metà delle famiglie intervistate ne possiede una. Molte di più, quasi l’83 per cento, dichiara di essere interessata a ricevere informazioni sul tema dal proprio istituto bancario. Ecco la fotografia del collezionista: abita prevalentemente nelle grandi città, è uomo o donna e a fare la differenza è il suo patrimonio. Chi infatti possiede fino a un milione di euro dichiara nel 32 per cento dei casi di possedere opere d’arte. Una percentuale che sale al 55% per chi ha oltre un milione di euro e fino al 58,6% per chi ha in banca oltre cinque milioni di euro. Mercanti e gallerie, insieme alle case d’asta, sono ancora solidi intermediari, come certifica il 52% di casi documentati per i primi e il 21% per i secondi. Novità invece si registrano per quanto riguarda il rapporto con altre figure, tutte in crescita. Dagli esperti indipendenti, alle compagnie assicurative, ai commercialisti e alle banche. Anche se il loro approccio nei confronti dell’arte si è andato trasformando negli ultimi decenni. Come aveva segnalato a settembre scorso il critico d’arte Philippe Daverio, “fino agli anni ottanta i banchieri hanno sostenuto l’arte e hanno investito in questo settore. E’ sufficiente fare l’esempio di Morgan Stanley che comprava opere”. Ma dagli anni Ottanta in avanti, le cose sono cambiate. ”Siamo passati dal banchiere mecenate alla finanza crudele”, aveva notato il critico. Il mercato dell’arte però continua a costituire un punto di riferimento per gli italiani più ricchi. Si può comprare e trovare di tutto, dai tradizionali dipinti all’archeologia, dalle sculture all’arte tribale, fino agli arredi d’epoca e ai tappeti. La pittura antica resta ancora un sicuro investimento. Ma con prezzi record. Anche per questo in crescita appare il mercato dell’arte contemporanea, con la ricerca di autori meno noti, sui quali rischiare. Anche se Claudio Borghi, autore del libro “Investire nell’arte. Il nuovo oro: come salvare i propri risparmi dalla crisi”, sostiene che, “con il nome noto è maggiore la componente di ‘valore già cristallizzato’ e minore la parte di possibilità di incremento. Con gli artisti emergenti si possono impiegare cifre minori e se si è bravi e fortunati si può trovare il Picasso di domani, ma il rischio che dopo alcuni anni il quadro non valga più nulla c’è”. Per questo motivo è necessario “sviluppare un occhio artistico, informarsi dai professionisti prima di acquistare opere d’arte”, come sosteneva André Rogger, responsabile della Collezione del Credit Suisse. “Non siamo più un Paese che guida la crescita culturale, come è successo un tempo. Al contrario, siamo trainati”, sostiene Daverio. La differenza tra nuovi e vecchi mecenati forse è proprio lì. In passato si investiva nella realizzazione di nuove opere che costituivano anche grandi progetti culturali. Ora, si punta sul capolavoro da appendere nella sala da pranzo di rappresentanza, quando non si preferisce custodirlo nel caveau di qualche banca.